Le stagioni di Thil, storie di migranti
Le stagioni di Thil è una raccolta di diciotto racconti desunti dalla memoria di Marinette Carla Animobono e relativi alla sua infanzia vissuta alla fine degli anni Cinquanta in Lorena, nel triangolo minerario e industriale del nord-est della Francia.
Ogni racconto mescola ricordo e fantasia e mette in luce questioni e pensieri legati ad eventi che accadevano normalmente in quell’ambiente insolito, fatto di boschi, prati, miniere, fabbriche metallurgiche e animali, persone immigrate, soprattutto a maggioranza italiana, con la loro originalità e le loro tradizioni.
In ogni storia il gioco assume un ruolo centrale, sia come attività necessaria per la crescita, sia come strumento utile a superare difficoltà o sofferenze.

Le stagioni di Thil è una rappresentazione antropologica del mondo dell’emigrato italiano, visto attraverso gli occhi di una bambina inconsapevole dei processi economici che ne costituivano lo sfondo.Edito da Studio Grafia Edizioni
Marinette Carla Animobono è nata in Francia da genitori di origine italiana, i cui nonni, originari delle Marche, alla fine degli anni ’20 sono emigrati, quelli di parte materna in Francia e quelli di parte paterna in Lussemburgo, paesi deove all’epoca era forte il richiamo di mano d’opera straniera.
Ha vissuto e studiato in Francia. Conosce bene le difficoltà legate all’integrazione per essere vissuta in un mondo popolato soprattutto di migranti. Dal 1975 vive in Italia, prima a Firenze poi ad Ancona, dove tuttora abita. Solo di recente si è scoperta scrittrice. O meglio: solo di recente ha scoperto di essere stata una scrittrice fin da bambina.
«A volte gli emigrati di fresco arrivo cadevano nella convinzione che la propria tradizione culturale fosse il frutto di un’eredità trascendentale da non mettere in discussione per nessun motivo al fine di preservare la propria identità, e da questo nascevano a volte incomprensioni e isolamenti che rendevano difficili i rapporti con immigranti di nazionalità diverse.»
«Tutto sommato, tra noi bambini, anche se eravamo coscienti di appartenere a nazionalità diverse, la convivenza si svolgeva in modo pacifico ed eravamo solidali, salvo nei momenti di brevi scaramucce quando ci si apostrofava brutalmente con soprannomi ingiuriosi sentiti dagli adulti ma senza però attribuirvi lo stesso peso perché noi, slavati di significato, non eravamo così offensivi».